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Franco Albini

Robbiate, 1905 - Milano, 1977
Architetto e designer

Dopo aver trascorso l’infanzia e parte della giovinezza a Robbiate in Brianza, dove è nato nel 1905, Franco Albini si trasferisce con la famiglia a Milano. Qui si iscrive alla facoltà di Architettura del Politecnico e consegue la laurea nel 1929. Dà avvio alla sua attività professionale nello studio di Gio Ponti ed Emilio Lancia, con i quali collabora per tre anni. Ha probabilmente qui i suoi primi contatti internazionali; all’Esposizione Internazionale del 1929 di Barcellona (dove Gio Ponti cura il padiglione italiano e Mies van der Rohe realizza quello della Germania) e a Parigi dove, come racconta Franca Helg, ha modo di visitare lo studio di Le Corbusier....Leggi tutto

Dopo aver trascorso l’infanzia e parte della giovinezza a Robbiate in Brianza, dove è nato nel 1905, Franco Albini si trasferisce con la famiglia a Milano. Qui si iscrive alla facoltà di Architettura del Politecnico e consegue la laurea nel 1929. Dà avvio alla sua attività professionale nello studio di Gio Ponti ed Emilio Lancia, con i quali collabora per tre anni. Ha probabilmente qui i suoi primi contatti internazionali; all’Esposizione Internazionale del 1929 di Barcellona (dove Gio Ponti cura il padiglione italiano e Mies van der Rohe realizza quello della Germania) e a Parigi dove, come racconta Franca Helg, ha modo di visitare lo studio di Le Corbusier.
In quei tre anni, i lavori realizzati sono dichiaratamente di impronta novecentesca. E’ l’incontro con Edoardo Persico a segnare una chiara svolta verso il razionalismo e l’avvicinamento al gruppo dei redattori di “Casabella”. I commenti in parte ironici e in parte molto duri del critico napoletano ad una serie di disegni, realizzati da Albini per il progetto di alcuni mobili da ufficio, provocano in lui un grande turbamento. “Passai giorni di vera angoscia – ricorda Albini – Dovevo dare una risposta a tutte le domande. Ebbi anche la febbre, una grossa e lunga febbre”.
La nuova fase che quell’incontro ha provocato prende avvio con l’apertura del primo studio professionale in via Panizza con Renato Camus e Giancarlo Palanti. Il gruppo di architetti inizia ad occuparsi di edilizia popolare partecipando al concorso per il quartiere Baracca a San Siro nel 1932 e poi realizzando i quartieri dell’Ifacp: Fabio Filzi (1936/38), Gabriele D’Annunzio ed Ettore Ponti (1939).
Sempre in quegli anni Albini lavora alla sua prima villa (Pestarini), che Giuseppe Pagano, architetto e critico dell’epoca, presenta così: “Questa coerenza, che la rettorica superficiale dei giocolieri alla moda chiama intransigenza, e che è invece la base di intesa tra la fantasia dell’arte e la realtà del mestiere, in Franco Albini, è talmente radicata da trasformare la teoria in atteggiamento morale”.
Ma è soprattutto nel contesto delle mostre che il maestro milanese sperimenta il suo compromesso tra quel “rigore e fantasia poetica” di cui parla Pagano, coniando gli elementi che saranno tema ricorrente in tutte le declinazioni del suo lavoro – architetture, interni, pezzi di design. L’apertura nel 1933 della nuova sede della Triennale a Milano, nel Palazzo dell’Arte, diviene un’importante occasione per esprimere il forte carattere innovativo del pensiero razionalista, una palestra in cui sperimentare in libertà nuovi materiali e nuove soluzioni, ma soprattutto un “metodo”.
“Coltivata come laboratorio di comunicazione, l’arte dell’allestimento fu per i razionalisti della prima generazione ciò che la prospettiva era stata per gli architetti dell’umanesimo: il campo aperto a un’ipotesi di spazio che necessitava di profonde riflessioni prima di approdare alla concretezza del cantiere”.
Insieme a Giancarlo Palanti, Albini in occasione della V Triennale di Milano allestisce la Casa a struttura d’acciaio (con R. Camus, G. Mazzoleni, G. Minoletti e con il coordinamento di G. Pagano), per la quale progetta anche l’arredamento. Alla successiva Triennale del 1936, segnata dalla prematura scomparsa di Persico, insieme ad un gruppo di giovani progettisti radunati da Pagano nella precedente edizione del 1933, Franco Albini si occupa dell’allestimento della Mostra dell’abitazione, nella quale è presentato l’arredamento di tre tipologie di alloggio. L’allestimento di Stanza per un uomo, a quella stessa Triennale, ci permette di comprendere l’approccio acuto e ironico che fa parte di Albini, come uomo e come progettista: il tema affrontato è quello dell’existenzminimum e il riferimento del progetto è al mito fascista dell’uomo atletico e sportivo, ma è anche un modo per riflettere sugli alloggi a basso costo, la riduzione delle superfici al minimo e il rispetto del modo di abitare.
“Celebrare la bellezza della meccanica fu l’imperativo cui si attennero, per esempio, i sorprendenti allestimenti di Franco Albini che riuscì, nella sottile maniera di uno stile raffinato e rarefatto, a sublimarne il contenuto pratico nella metafisica di ardite nature morte: oggetti volanti che segnavano nel vuoto raffinati telai e intrichi metallici i nodi di una cartografia fantastica dove l’industria finalmente diventava arte libera dallo scopo”.
In quello stesso anno Albini e Romano progettano la Mostra dell’Antica Oreficeria Italiana: montanti verticali, semplici aste lineari, disegnano lo spazio. Un tema, quello del “pennone”, che sembra costituire il centro dell’evoluzione del suo processo produttivo e creativo. Il concetto viene rielaborato nel tempo, con la tecnica di scomposizione e ricomposizione propria della progettualità albiniana: nell’allestimento della Mostra di Scipione e di disegni contemporanei (1941) gli affusolati pennoni, su cui sono appesi i dipinti e le teche, sono sorretti da una griglia di cavetti d’acciaio; nello stand Vanzetti (1942) assumono la forma a V; nel negozio Olivetti a Parigi (1956) i montanti in mogano lucido sostengono i ripiani per l’esposizione delle macchine da scrivere e da calcolo. La riflessione su questo tema nasce dalla volontà di interpretare lo spazio architettonico, di leggerlo attraverso l’utilizzo di una griglia, di introdurre la terza dimensione, quella verticale, mantenendo un senso di leggerezza e trasparenza.
Il pennone si ritrova, però, anche in ambiti differenti da quelli allestitivi. Negli appartamenti da lui progettati, viene utilizzato come perno su cui i quadri possono essere sospesi e ruotati per consentire differenti punti di vista, ma al contempo come elemento capace di suddividere gli spazi. La libreria Veliero, realizzata in un unico prototipo nel 1940, presenta due montanti principali, costituiti da esili barre curvate e accostate, legati da una complessa tensostruttura. Il montante alleggerito si ritrova anche nella libreria LB7, prodotta da Poggi negli anni Cinquanta.
Come l’evoluzione del montante, anche la scomposizione e ricomposizione degli elementi architettonici e l’utilizzo del modulo, costituiscono gli elementi di un metodo che tende a semplificare i fenomeni complessi del progettare fino ai nuclei essenziali.
Albini è un progettista completo, la cui opera spazia dall’edilizia al design, dagli allestimenti all’urbanistica. Tra i suoi capolavori si annoverano: i Musei genovesi che cambiano il modo di fruizione dell’opera d’arte da parte del pubblico, il Rifugio Pirovano a Cervinia, la Rinascente a Roma e la Metropolitana di Milano, che ispira i progetti delle linee di New York e San Paolo.
Uomo silenzioso, rigoroso, ironico, Albini lavora incessantemente, sorretto da un codice morale che lo accompagna nel corso di tutta la sua carriera. Crede fermamente nel ruolo sociale dell’architetto come professione al servizio della gente. Lo considera la ragione stessa della sua esistenza.

fonte: Fondazione Franco Albini

 

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Valeria Parisi
Italia
2017
30'